Carciofo romanesco – Lazio
Il carciofo (Cynara scolimus) è una pianta già conosciuta al tempo degli Egizi e diffusa nell’area mediterranea, come si vince dal De Re Rustica di Columella e dal Naturalis Historia di Plinio. Tut¬tavia, secondo alcuni storici, furono gli Etruschi a praticare la coltivazione di questo ortaggio dalle varietà di cardo selvatico (Cynara cardunculus) e le raffigurazioni di foglie di carciofo in alcune tombe della necropoli di Tarquinia ne sono un’indiscutibile testimonianza. Attualmente, sono due le cultivar coltivate lungo il litorale a nord di Roma nei dintorni di Ladispoli e Cerveteri, un’area particolarmente vocata alla produzione del Carciofo Romanesco IGP: “Castellammare” (precoce) e “Campagnano” (tardiva). Il Carciofo Romanesco, detto anche “mammola”, è grosso e con il capolino quasi rotondo, ha poco scarto ed è il più adatto per essere cucinato ripie¬no. La parte commestibile della pianta è in realtà il fiore e il cuore centra¬le chiamato “cimarolo” è il più ricercato, e di conseguenza anche il più costoso, perché più tenero e con le foglie più seriate. Molto versatile in cucina, la tradizione lo predilige “alla romana”, cotto a fuoco lento e condito con pangrattato, aglio, prezzemolo, pepe e abbondante olio, oppure alla “giudia”, tagliato a spirale in modo da eliminare la parte legnosa, fritto nell’olio con il gambo in alto e bello croccante. Il prodotto ha ottenuto L’Indicazione Geografica Protetta (IGP) nel 2002 (Regolamento CE n. 2066/02) come “Carciofo Romanesco del Lazio IGP”.
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